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Dopo i primi mesi passati a nutrirsi di solo latte, il piccolo è pronto per lo svezzamento. Ma come affrontare questo importante passaggio dal cibo liquido a quello solido?

Innanzitutto va considerato che, per iniziare lo svezzamento, il bambino deve avere indicativamente sei mesi, deve essere in grado di stare seduto e deve aver imparato a deglutire (perdendo cioè quel riflesso meccanico che porta sempre la lingua fuori per succhiare il latte). Riguardo lo svezzamento poi ci sono essenzialmente due scuole di pensiero, vediamole insieme.

Lo svezzamento classico

Il metodo classico prevede appunto che il bambino abbia almeno sei mesi, talvolta però l’introduzione dei cibi avviene anche prima, per esempio se il bimbo è particolarmente sottopeso. Vi è poi uno schema da seguire per l’introduzione degli alimenti, passando dagli alimenti più liquidi a quelli solidi. Infatti il metodo classico solitamente vede entrare in scena prima passati di verdure e puree di frutta, per fare familiarizzare il bambino con i gusti e le consistenze più dense.

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Il metodo classico prevede l’uso di pappe e omogeneizzati

Successivamente si passa all’introduzione di cibo solido, con la pastina e la carne omogeneizzata. Lo schema fa conto sopratutto del potere allergizzante degli alimenti, per ultimi quindi cibi quali l’uovo, il pesce e il pomodoro. Questo concetto forse è un po’ superato, infatti non è stata dimostrata una stretta correlazione tra l’introduzione precoce di tali alimenti con potenziali allergie successive. Ricordate comunque di non inserire nella dieta mai miele e pesce crudo, perché molto pericolosi. Il miele infatti può contenere una tossina botulinica che colpisce soltanto i lattanti, mentre il pesce crudo può contenere batteri, parassiti e germi che il piccolo non sarebbe in grado di fronteggiare.

La dieta del bambino così composta integra gradualmente cibi solidi e più simili a quelli che mangiano gli adulti, ma di solito prevede almeno sei mesi di transizione.

L’autosvezzamento

Successivo a questo metodo è stato studiato un modo meno rigido di svezzare il bambino, ed è appunto l’autosvezzamento. Il bambino deve sempre essere in grado di stare seduto e deglutire, ma l’autosvezzamento considera anche due segnali che potrebbero anticipare o ritardare il traguardo dei sei mesi di vita. Infatti una cosa importante è che il bambino sia interessato al cibo e che sia in grado di portarlo autonomamente alla bocca.

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L’autosvezzamento permette di proporre molti più cibi

Sempre seguendo il buon senso è possibile far assaggiare qualunque tipo di cibo che mangiano gli adulti, purché faccia parte di una diete sana. Il pasto sarà sempre integrato con del latte, materno o no, finché il bambino non sarà sazio. Per alcuni cibi, sopratutto per quei bambini che nonostante siano interessati al cibo non hanno ancora i denti da latte, sarà comunque opportuno tagliare e sminuzzare gli alimenti. Senza mai frullarli però, proprio per preservare consistenza e sapore autentici in modo che il bambino possa, anche attraverso il cibo, sperimentare il mondo.

Quale metodo scegliere?

Anche molti pediatri ormai consigliano l’autosvezzamento, non stiate rigidi però, in entrambi i casi il consiglio è di seguire le inclinazioni del bambino. Cercate di notare quale può essere il metodo migliore per vostro figlio. Magari non ha molto interesse per il cibo o preferisce alimenti più morbidi, per cui lo svezzamento classico potrebbe facilitarvi il compito. O al contrario potrebbe essere molto attratto dal cibo anche prima dei fatidici sei mesi, perché quindi non fargli assaggiare di tanto in tanto qualcosa? E ancora utilizzare qualche omogeneizzato, se siete fuori casa per esempio, non comprometterà il percorso di autosvezzamento. Assecondate vostro figlio accompagnandolo in questa scoperta incredibile con serenità, perché getterà le basi della sua alimentazione futura.


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